Un noto professionista di Asolo, dopo aver ricevuto in eredità dalla madre un dipinto che la stessa aveva acquistato molti anni prima al mercatino dell’antiquariato, apprende casualmente che l’opera potrebbe essere bozzetto di un quadro riferibile al noto artista francese Pierre Auguste Renoir e battuto all’asta da Sotheby’s a Londra nel 1981.
Decide quindi di segnalare il dipinto ai Carabinieri Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Venezia ed a fronte di tale spontanea iniziativa Giorgio Zanesco viene sottoposto a procedimento penale per il reato di ricettazione: un quadro simile risultava rubato nel 1984 alla famiglia di un imprenditore romano.
Gli eredi dell’imprenditore nel 2010 intentano una causa civile nei confronti del professionista di Asolo per ottenere la restituzione del quadro rubato e nel frattempo il procedimento penale viene sospeso in attesa che si concluda la vertenza in sede civile.
Per ben due gradi di giudizio gli eredi dell’imprenditore derubato vedono accolta la domanda di restituzione pur senza aver dato la prova che il loro genitore era colui che l’aveva acquistato all’asta di Sotheby’s nel 1981 o comunque che possedeva un qualche atto di acquisto.
La Corte di Cassazione, con sentenza pubblicata il 4 febbraio 2021 a seguito discussone in pubblica udienza del 23.09.2020, accoglie il ricorso presentato dagli avv.ti Fabris, Furlan e Vidal contro la Sentenza della Corte d’Appello di Venezia, confermando il risalente principio secondo il quale chi svolge una domanda di rivendica di un bene, anche se oggetto di furto, nei confronti di chi poi ottiene in buona fede il possesso, deve dare la prova del proprio diritto di proprietà originario: non è quindi sufficiente la prova di un furto per esimersi dall’onere probatorio.
La vertenza ha avuto risalto anche nella stampa nazionale e locale: