L’attuale emergenza sanitaria è in fase decrescente, ma apre il fianco ad una crisi economica di lungo periodo.
Difficile stabilire quando si verificherà l’auspicata ripresa.
Per tutto il 2020 commercianti, imprese e liberi professionisti registreranno alterazioni nei flussi di cassa e tutti dovremo fare i conti con eventuali insolvenze.
Per contenere la carenza di liquidità del sistema economico, il Governo ha varato una serie di misure che avranno il solo effetto di posticipare l’emersione della crisi, senza però scongiurare il pericolo che molti – troppi – operatori cessino la propria attività.
Una crisi aziendale però non sempre è irreparabile: bisogna saper giocare d’anticipo.
Ad oggi, l’imprenditore può evitare e scongiurare la cessazione dell’attività ricorrendo a:
- Piano di risanamento;
- Accordi di ristrutturazione dei debiti;
- Concordato preventivo.
Il Piano di risanamento, è un atto privato con il quale l’imprenditore illustra ai creditori – solitamente i più esposti – le azioni strategiche ed operative che intende adottare per superare la crisi, in assenza di qualsiasi ingerenza e controllo da parte del Tribunale.
È lo strumento di minor costo e più snello da proporre e – quindi – accettare, ma l’assenza di controllo da parte dell’organo giurisdizionale riduce le garanzie per l’imprenditore che potrebbe infatti non riuscire ad evitare le azioni esecutive da parte dei creditori e, addirittura, il fallimento.
Con gli Accordi di ristrutturazione l’impresa in crisi riduce la propria esposizione debitoria con risorse provenienti dalla stessa prosecuzione dell’attività.
Si tratta di un vero e proprio accordo che l’imprenditore stringe con creditori da lui individuati – la percentuale dei loro complessivi crediti è, rispetto all’esposizione totale, variabile a seconda del tipo di accordo – e che coinvolge un qualificato ed indipendente professionista che dovrà attestare la fattibilità del piano.
In questo caso, il vaglio finale sull’accordo viene rimesso il Tribunale, a garanzia tanto dei creditori quanto dell’imprenditore in crisi, che gioverà di misure protettive per portare ad esecuzione il piano.
Rispetto al Concordato preventivo, di cui diremo più sotto, gli Accordi di ristrutturazione richiedono un ulteriore e più stringente requisito: l’integrale pagamento dei creditori non coinvolti nell’Accordo (c.d. “creditori non aderenti”).
Tramite il Concordato preventivo l’imprenditore propone a tutti i creditori un accordo: il pagamento ridotto – ma sicuro – del debito, mediante risorse che potranno provenire dalla liquidazione dell’impresa (c.d. Concordato liquidatorio) o dalla prosecuzione della sua attività (c.d. Concordato in continuità).
Ottenuto il voto favorevole dalla maggioranza dei creditori, il piano viene rimesso al vaglio del Tribunale, che ne attesterà la fattibilità e impedisce che il patrimonio dell’imprenditore venga aggredito anche dai creditori dissenzienti.
Terminata la procedura, i creditori saranno soddisfatti pro quota e l’impresa potrà continuare o tornare nel mercato: ristrutturata e risanata dai debiti.
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I creditori solitamente preferiscono aderire alle procedure alternative perché consentono di soddisfare – seppur parzialmente – il loro credito senza attendere l’esecuzione di lunghe (e a volte costose) procedure esecutive che spesso soddisfano solo alcuni di loro.
L’imprenditore, a sua volta, evita le conseguenze negative del Fallimento e (se ne ricorrono le condizioni) sarà in grado di proseguire la propria attività d’impresa.
Solo che per beneficiare di simili strumenti, l’imprenditore (o l’impresa) non deve versare in uno stato di irreversibile insolvenza.
A parole è facile distinguere il concetto di “crisi” da quello di “insolvenza”, nella pratica – però – tale differenza è labile.
Si ha “rischio di insolvenza” quando l’imprenditore, pur potendo saldare i pagamenti in scadenza, prevede che non sarà più in grado di fronteggiare debiti futuri e dovrebbe attivarsi per riportare equilibrio nei flussi di cassa.
Intercettare e riconoscere la crisi sul nascere è fondamentale: può scongiurare il rischio insolvenza e la cessazione dell’attività d’impresa.
Saper “giocare d’anticipo” è – anche – la direttiva ispiratrice della recente riforma prevista nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. n. 14/2019).
L’ottica del legislatore è una riorganizzazione degli strumenti di risoluzione della crisi che renderà più restrittive le regole in tema di Concordato preventivo e Accordi di ristrutturazione, favorendo nuove misure preventive come le c.d. Procedure di Allerta.
Nel contesto economico attuale il nuovo Codice della Crisi avrebbe prodotto più iniquità che agevolazioni per le imprese.
È per evitare che l’attuale emergenza vada a pregiudicare ulteriormente il tessuto produttivo del nostro Paese già indebitato, che è stata posticipata l’entrata in vigore settembre 2021.
Ora più che mai è importante intervenire prima che la crisi si trasformi in insolvenza e utilizzare le ormai consolidate e rodate procedure vigenti, che consentono più spazio alla possibile ripresa dell’impresa.
La palla è rimessa al balzo dell’imprenditore che, in questa battaglia, non può né deve essere solo.
Studio Fabris & Associati