A fronte di
una prima causa instaurata avanti il Tribunale di Treviso del nipote di
un testatore (“primo attore”) per ottenere il
riconoscimento della sua qualità di erede legittimo (in rappresentazione
del proprio genitore fratello del defunto), veniva disposta una perizia
tecnica d’ufficio per l’individuazione ed esatta quantificazione dell’asse
ereditario e così della quota spettante per delazione legittima
all’attore.
Altro nipote del testatore, (“secondo attore”) fratello
del “primo attore” e quindi nella stessa posizione di erede
pretermesso, avvalendosi dei risultati della perizia disposta
nel precedente procedimento, instaurava ulteriore giudizio avanti lo
stesso Tribunale per far valere identiche pretese.
Il Tribunale di Treviso con una prima – discutibile – sentenza rigettava la
domanda del “primo attore” ritenendo che i concetti di
‘successore a titolo universale’, ossia di erede, e di ‘erede universale’, vale
a dire di beneficiario dell’intero asse per espressa disposizione
testamentaria, fossero assimilabili.
In tale decisione si è considerato il terzo beneficiario della
disposizione testamentaria, a cui era stato destinato un determinato bene o un
complesso di beni determinati, anche assegnatario di tutti gli altri beni,
seppur non indicati nel testamento e di rilevante valore rispetto all’intero
asse.
Nulla sarebbe quindi dovuto spettare a nipoti del de cuius, primo e
secondo attore, diversi dal terzo nipote erede indicato nel
testamento.
L’avv. Lodovico Fabris e l’avv. Paolo Pavan, sul presupposto che con la prima
decisione era stata attuata un’integrazione – inammissibile – del testamento e
non una mera interpretazione dello stesso, ottenevano sentenza favorevole alle
ragioni ed ai diritti del “secondo attore”.
Tale ulteriore sentenza riconosceva la diversa
lettura dell’istituzione di ‘erede universale’ rispetto
all’Istituto della ‘successione a titolo universale’, in
aperto contrasto con la errata sentenza dello stesso
Tribunale di pochi mesi precedente.